Sono un grande tifoso della U.S Triestina Calcio 1918 e sto seguendo con grande interesse tutti i progetti che la nuova dirigenza, guidata da Ben Rosenzweig, sta portando avanti. Dopo un primo anno caratterizzato dagli inevitabili rodaggi, stanno costruendo delle basi solidissime per poi in futuro fare le cose in grande. Si inizia con l'investimento nelle giovanili tramite il progetto di un nuovo campo sportivo (il primo nella storia della Triestina). Questo, insieme a staff e allenatori di alto livello fin dalle giovanili, dimostrano la serietà dell’approccio. La prima squadra vede l’ingresso di nomi importanti e giovani di prospettiva, e l'organigramma della società è composto da professionisti che generalmente operano in contesti più prestigiosi rispetto alla Serie C. Insomma, stanno creando i presupposti per fare le cose per bene. Però, come ben sapete, il calcio non si gioca solo sul campo, ma anche fuori. La Triestina lo sa bene, e uno degli asset fondamentali sarà costituito dalle attività di business legate al calcio, come sfruttare appieno lo stadio Nereo Rocco, uno dei più belli d'Italia btw. Anche il marketing ha un valore inestimabile in questo contesto. Proprio ieri sono state "droppate" due maglie (home e away, siamo in attesa del third kit) che trovo stupende. Da una parte, lo stile minimalista mira a trasformare un prodotto nato per il campo da gioco in qualcosa da indossare tutti i giorni. Dall'altra, la risonanza è stata enorme, ci sono stati già ordini da tutto il mondo, una cosa non comune per un club di Serie C. La partnership con Kappa, la collaborazione con COPA90 e la presenza su riviste come Calcio e Finanza e Rivista Undici, sono state vetrine eccezionali per raggiungere un pubblico ben oltre i confini triestini. Finalmente, dopo tanti anni, anche a Trieste stanno facendo le cose per bene, e da tifoso, mi si riempie il cuore di gioia. Ecco l'articolo di Calcio e Finanza: https://lnkd.in/dnR_hJEd Ecco l'articolo di Rivista Undici: https://lnkd.in/d8jMY_R8 Probabilmente ci saranno altre collaborazioni e articoli dopo la presentazione del third kit, vedremo... Mi auguro che questo sia un anno prospero sotto tutti i punti di vista e continuo a sperare di vedere un video dei miei amici di Calcio di Periferia (https://lnkd.in/duQSdr5Y) sulla mia amata Unione.
Post di Geremia D'Orso
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💛🖤 @noodlessportclub & 🏟️ Fiorentina: solo il Viola Park non può bastare per colmare il divario economico💜 Dal cuore di Noodles Sport Club, ci teniamo a celebrare il nuovo centro sportivo di ACF Fiorentina, il Viola Park, che si estende su 26 ettari, rendendolo il più grande in Italia e tra i più imponenti in Europa. Tuttavia, non basta a colmare il divario economico con le big della Serie A. 🔍 **VIOLA PARK IN NUMERI:** - 20 squadre di ACF Fiorentina - 12 campi regolamentari: 5 naturali, 5 ibridi, 2 mini campi di scuola calcio e 1 campo di allenamento portieri - 2 stadi per 4500 spettatori - 4 palestre con oltre 130 postazioni training - 75 camere per 116 posti letto - Media center, centro medico e wellness con piscina da 25 metri Nonostante queste strutture all’avanguardia, la Fiorentina guadagna solo circa 10 milioni all’anno dallo stadio, contro i 400 milioni delle squadre più forti. Marco Bellinazzo, esperto di economia sportiva, sottolinea che il Viola Park migliorerà sicuramente la crescita dei talenti, ma saranno necessarie strategie intelligenti e cessioni remunerative per aumentare i ricavi nel lungo periodo. 💬 Da Noodles Sport Club, crediamo che la crescita dei talenti e l’innovazione siano fondamentali nel mondo dello sport. Cosa ne pensate? Il Viola Park rappresenta un passo importante per il futuro della Fiorentina? #NoodlesSportClub #Fiorentina #ViolaPark #Calcio #Sport #ACFFiorentina #Infrastrutture #economiasportiva
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Nel mondo del design per lo più si cincischia attorno alla riedizione di una sedia - sempre quella – mentre là fuori, nella vita vera 😉 tra poco si giocano gli US Open. US Open = 100.000 palline da tennis in ogni torneo. E dunque, mi sono incuriosita e ho fatto un po’ di ricerche sulle palline da tennis. Ho scoperto che ogni anno si producono 330 milioni di palline da tennis (secondo alcuni 400 milioni), che non si riciclano, o comunque in minima parte. Un mercato globale che vale la bellezza di oltre 1.700 milioni di dollari, in crescita costante. Ma soprattutto, solo negli Stati Uniti (125 milioni di palline smaltite all’anno), 20 mila tonnellate di gomma e feltro. Se stiamo solo sugli US Open, siamo dunque a 100.000 palline, sempre le stesse dalla fine degli anni Settanta, le Wilson US Open. Una pallina Wilson US Open è fatta da due mezzi gusci di gomma incollati a caldo e vulcanizzati, che contengono aria per tenere la pallina in pressione. Alla pallina scartavetrata e ricoperta di adesivo, si incolla il feltro Tex/Tech. Poi la pallina completa, con l’adesivo vulcanizzato, rotola nel vapore, così il feltro torna allo spessore originale. A questo punto, riciclare una pallina è sostanzialmente impossibile. La Wilson, che sta cercando di affrontare la situazione, collabora con la Recycle Ball per recuperare le palline usate, ma a conti fatti, nonostante l’impegno, attualmente riesce a recuperare circa 12 milioni di palline (sì e no il 10% del totale negli Stati Uniti). Sempre la Wilson (che è il fornitore ufficiale degli US Open), è riuscita a fare una pallina più sostenibile, la Triniti. Sviluppata con la Dow Chemical Company, la nuova pallina non ha pressione e usa un feltro più flessibile del 50%. La pallina che risulta si può imballare in un packaging di carta, completamente riciclabile, ed è già un passo avanti, perché l’imballaggio della Wilson US Open è in plastica e metallo, necessario per mantenere la pressione. Ma la pallina, comunque, non è riciclabile. Qualcuno è riuscito a fare una pallina biodegradabile, ma ancora non si usa nei tornei di primo livello. Una società olandese, Renewaball, ha messo a punto una tecnica per separare la gomma dal feltro, e produce palline in parte riciclabili, con parte della gomma riciclata dalle palline usate. Anche in Italia si muove qualcosa, con Return-Recycle Balls, un progetto dell’Università di Padova con la Federazione Italiana Tennis e Padel. Return ha messo a punto un processo che permette di ridurre le palline usate in una polvere di gomma, con cui Lotto Sport Italia ha realizzato la suola delle sneakers OOH!, per esempio. Questa polvere di gomma si potrebbe usare anche nel settore dell’arredamento. Insomma, ci sarebbe da fare assai per un sacco di designer. Probabilmente ci vorrebbero coordinamenti più efficaci. Voglio dire, il riciclo delle palline da tennis non può essere lasciato alla Federazione Italiana Tennis. Il design non dovrebbe essere un processo? E se non sono processi questi…
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Trezzi Refrattari: un alleato storico al fianco dei Diavoli Rosa Nel mondo dello sport, avere sponsor che credono nei progetti e che condividono i valori del team fa la differenza. Trezzi Refrattari si distingue come molto più di un semplice sponsor per i Diavoli Rosa, club di pallavolo. È un vero e proprio partner di lunga data, sempre pronto a sostenere il percorso di crescita della squadra, stagione dopo stagione. Tre motivi per cui questa partnership funziona alla grande: 1. Fiducia e continuità: collaborazioni durature come quella tra Trezzi Refrattari e i Diavoli Rosa dimostrano il potere della fiducia reciproca. Avere uno sponsor che supporta a lungo termine consente al team di concentrarsi sulla performance. 2. Valori condivisi: sostenere i giovani talenti e lo spirito di squadra sono valori che sia Trezzi Refrattari che i Diavoli Rosa condividono, rafforzando il legame tra sport e impresa. 3. Supporto locale, visibilità nazionale: Trezzi Refrattari non solo si impegna a livello locale, ma utilizza la partnership per far crescere la sua visibilità e il suo brand anche a livello nazionale, sfruttando la passione dei tifosi di pallavolo. 🔍 Le sponsorizzazioni che vanno oltre il logo sono quelle che costruiscono una community e aiutano a crescere insieme. Cerchi un partner solido per il tuo prossimo evento o progetto sportivo? Scopri come costruire relazioni di valore durature con i tuoi sponsor. Contattami per discutere delle strategie migliori! --- Fonte: https://lnkd.in/dpVquJjr
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🏀🏐 Polisportiva New Sporting Mottola🔵🟡 Gli elementi visivi principali: la palla divisa in due colori e segmenti, con l'arancione che richiama la palla da basket e il giallo che rappresenta quella da pallavolo. La sfumatura blu richiama invece uno dei colori principale del paese (Giallo/ Blu, dando un senso di dinamismo e versatilità. Il testo "Polisportiva" e "New Sporting Mottola" rende chiaro il contesto locale e multi-sportivo. Gli elementi presenti come felpa, sticker e striscione sono delle simulazioni per dare l'idea di come rende il logo nei vari contesti #logodesign #branddesign #marchio
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Nella vita non è che dobbiamo sempre per forza innovare. Oggi hanno presentato ufficialmente la nuova maglia dell'Inter e... Fa schifo. Ma non è questo il punto. Cioè lo è, ma in un senso più ampio. Poco prima di vedere questo scempio, che sembra partorito da un tizio che ha appena scoperto paint nel '96, stavo lavorando a una proposta per un brand che ha un retaggio storico assimilabile a quello di una squadra di calcio. Il punto di partenza del mio ragionamento in quel caso è stato: "dobbiamo avere rispetto per chi ritiene questo prodotto qualcosa che fa parte del proprio bagaglio culturale e emotivo". Tradotto: è inutile che ci mettiamo a fare robe futuristiche di sta cippa quando parliamo di qualcosa che vive di (e nella) tradizione. Ora, questo ragionamento dovrebbe valere x1000 quando si parla di una squadra di calcio come l'Inter. Essendo abbonato da quando avevo la testa più grossa delle gambe, posso assicurarvi che l'Inter ha un ruolo nella mia vita di importanza incalcolabile (secondo solo alla mia fidanza che leggerà questo post). Questo vale per milioni di tifosi di qualsiasi sport in tutto il mondo. Lo sport è cultura, retaggio, tradizione. Decidere di inserire quelle trame orripilanti nella maglia più importante degli ultimi 50 anni (la prima con la seconda stella) significa che tu, Nike, non hai idea della materia su cui stai lavorando. Tratti un brand come l'Inter come se fosse un brand streetwear, ma lo fai pure di m***a perchè una roba del genere non piacerebbe nemmeno a un trapper dopo il dodicesimo acido. Si può pensare: "va beh ma lo fanno per vendere di più". Spoiler: non funziona. L'Inter è da anni nettamente indietro rispetto alle competitor nella vendita del merch. Inoltre chiunque abbia messo il muso fuori di casa negli ultimi 3 anni si sarà accorto che si sta tornando verso il vintage, soprattutto nelle maglie da calcio, con squadre che addirittura si sono messe a rivendere maglie degli anni 80. Quindi sembra che queste scelte vengano fatte solo in nome di un'innovazione forzata che non serve a niente se non a dire "oh avete visto quanto siamo innovativi?? yooooo". Ecco, diciamo che l'innovazione senza cultura rischia di essere solo una monnezza.
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Se la Serie A non è più il campionato di calcio più bello al mondo è colpa anche di come (non) è stato curato il branding. La grafica è una componente cruciale dell’identità di un brand, specialmente nel mondo del calcio, dove l’immagine è tutto. Nel 2019, la Serie A ha deciso di fare un rebranding, andando a creare la famosa A che ricorda un diamante. Mentre la Premier League lanciava nel 2016 un nuovo logo innovativo e lungimirante, noi tre anni dopo ci siamo limitati a un modesto aggiornamento, mantenendo un design già vecchio. Il ritardo con cui la Lega Serie A affronta queste tematiche è allarmante. Abbiamo assistito a scelte poco coraggiose, con le grafiche delle partite lasciate in mano alle emittenti televisive, senza un’identità forte e coerente che rappresenti il campionato. Il risultato? Grafica disomogenea ed errori evidenti (nelle ultime grafiche di riassunto del match vengono usati 3 font diversi per 15 caratteri). E non si tratta solo di estetica: l’appeal grafico è strettamente legato al marketing e alla capacità di attrarre un pubblico internazionale, soprattutto giovane. Non possiamo continuare a inseguire gli altri e a copiare le loro idee senza un vero piano di innovazione. L’unica via per uscire da questa situazione di stallo è un rebrand radicale, che non si limiti al solo logo (che non piace a molti), ma che includa anche regole più rigide per la comunicazione generale e per le emittenti televisive. Solo così potremo sperare di risollevare l’immagine della Serie A e, di conseguenza, la sua competitività sul mercato internazionale. Il successo di un prodotto dipende da una visione chiara e dalla capacità di innovare, non solo nella grafica ma anche nelle strategie di marketing e comunicazione. La Lega Serie A si deve impegnare a definire una brand identity coerente e attrattiva, che sappia parlare ai tifosi di oggi e di domani, e che possa competere alla pari con le altre leghe europee (non solo la Premier è avanti anni luce rispetto a noi, ma anche Bundesliga, Ligue 1 e La Liga). Questo problema, però, non riguarda solo la Lega con la Serie A. È una sfida che molte aziende italiane devono affrontare. Troppo spesso, il branding viene visto come un aspetto marginale del business, quando in realtà è fondamentale per costruire un'identità forte, per distinguersi nel mercato e per creare un legame duraturo con i clienti. Investire nel branding non è solo una questione estetica; è una strategia che può determinare il successo o il fallimento di un’organizzazione. Le aziende italiane, così come la nostra Lega, devono capire che un brand forte è una risorsa inestimabile. Dobbiamo smetterla di scopiazzare le azioni degli altri e di cominciare a innovare dando al branding l’importanza che merita per assicurarsi un futuro competitivo e prospero. La domanda non è più se possiamo permetterci di investire nel branding, ma se possiamo permetterci di non farlo.
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Cremonese: maglia speciale senza sponsor per un match storico Nel recente incontro contro il Pisa, la Cremonese è scesa in campo con una divisa unica: una maglia priva di sponsor. La scelta, avvallata dagli sponsor principali Arinox e Acciaieria Arvedi, ha dato risalto alla storia del club. Perché questa iniziativa è interessante dal punto di vista del marketing sportivo: 1. Valorizzazione della storia del club: eliminare il logo degli sponsor per un evento celebrativo dimostra un forte legame con la propria identità e permette di trasmettere i valori storici del team. 2. Coinvolgimento degli sponsor: coinvolgere gli sponsor in una scelta così simbolica, come la rinuncia allo spazio pubblicitario, crea un rapporto più profondo e autentico, permettendogli di dimostrare la loro vicinanza ai valori del club e quindi a quelli dei tifosi. 3. Comunicazione unica: questa iniziativa ha generato un impatto mediatico significativo, attirando l'attenzione dei media in un modo difficilmente raggiungibile in altri modi: gli sponsor hanno avuto più visibilità dl NON esserci che dall'essere presenti. La lezione? Collaborare con gli sponsor per iniziative non convenzionali può valorizzare sia la tua iniziativa che le aziende che la sostengono, creando esperienze uniche e memorabili. Cerchi idee per rendere il tuo marketing più autentico e coinvolgente? Contattami per scoprire le strategie che possono aiutarti a valorizzare ciò che fai! --- Fonte: https://lnkd.in/d8Tksq6k
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La delusione è grande, molto grande. Non facciamo finta che non sia così. Luna Rossa non era considerata semplicemente la favorita, ma la strafavorita della Louis Vuitton Cup e la sfidante “naturale“ dei neozelandesi. La sconfitta con Ineos - netta, persino più del sette a quattro finale - è una doccia gelata sportiva in tutto e per tutto. Vogliamo essere molto chiari: qui non si tratta di saltare sul carro o la barca del vincitore se le cose vanno bene e fare il tiro al piccione quando vanno male. Basta avere la pazienza di andare a rileggersi i commenti o riascoltare le previsioni degli esperti - gente che ne sapeva e ne sa immensamente più di noi - per rendersi conto che non c’è alcun disfattismo determinato dalla sconfitta nelle nostre parole. Solo l’analisi onesta e purtroppo spietata di come siano andate le cose. Male. La sconfitta della squadra capitanata da Max Sirena (uno che ci ha messo letteralmente l’anima e non osiamo immaginare come si debba sentire oggi) è stata netta. Almeno quanto è ampio il merito degli inglesi guidati da Ben Ainslie. Un fenomeno, uno che si è dimostrato non solo un fuoriclasse come skipper e già lo sapevamo, ma anche molto accorto nello sfruttare al meglio la condizione psicologica molto difficile del team Luna Rossa. Aggiungeteci l’esperienza nella SailGp, in cui gli italiani non ci sono. Il ruolo di grandi favoriti pesa, un macigno psicologico che è gravato sulla testa di chi andava in barca e sull’intera squadra, dai progettisti ai cuochi. E lo si è visto a Barcellona: se escludiamo le primissime regate sostanzialmente interlocutorie, Luna Rossa non ha mai dominato come tutti si attendevano. A cominciare dagli avversari. Barca veloce, a tratti velocissima, ma anche soggetta a inconvenienti vari, un po’ troppi se consideriamo i lunghi anni di test e allenamenti. Anche con gli americani era stata tutt’altro che una passeggiata e con gli inglesi si è troppo spesso inseguito, non di rado a distanza. In più, queste nuove imbarcazioni, spettacolari quanto si vuole ed estreme come una Formula 1 con i foil al posto delle ruote, si sono dimostrate sostanzialmente inutili per ingaggiare dei duelli spettacolari. Chi parte per primo, se non rompe, vince. Francamente tutt’altro che il massimo per una Louis Vuitton Cup e, ora vedremo, un America’s Cup che si vorrebbe trasformare nel più grande spettacolo sportivo o fra i più grandi spettacoli sportivi al mondo. Non è una giustificazione per Luna Rossa, tantomeno una sorta di ripicca per l’esito infausto della competizione. È un dato di fatto. La Ragione
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La delusione è grande, molto grande. Non facciamo finta che non sia così. Luna Rossa non era considerata semplicemente la favorita, ma la strafavorita della Louis Vuitton Cup e la sfidante “naturale“ dei neozelandesi. La sconfitta con Ineos - netta, persino più del sette a quattro finale - è una doccia gelata sportiva in tutto e per tutto. Vogliamo essere molto chiari: qui non si tratta di saltare sul carro o la barca del vincitore se le cose vanno bene e fare il tiro al piccione quando vanno male. Basta avere la pazienza di andare a rileggersi i commenti o riascoltare le previsioni degli esperti - gente che ne sapeva e ne sa immensamente più di noi - per rendersi conto che non c’è alcun disfattismo determinato dalla sconfitta nelle nostre parole. Solo l’analisi onesta e purtroppo spietata di come siano andate le cose. Male. La sconfitta della squadra capitanata da Max Sirena (uno che ci ha messo letteralmente l’anima e non osiamo immaginare come si debba sentire oggi) è stata netta. Almeno quanto è ampio il merito degli inglesi guidati da Ben Ainslie. Un fenomeno, uno che si è dimostrato non solo un fuoriclasse come skipper e già lo sapevamo, ma anche molto accorto nello sfruttare al meglio la condizione psicologica molto difficile del team Luna Rossa. Aggiungeteci l’esperienza nella SailGp, in cui gli italiani non ci sono. Il ruolo di grandi favoriti pesa, un macigno psicologico che è gravato sulla testa di chi andava in barca e sull’intera squadra, dai progettisti ai cuochi. E lo si è visto a Barcellona: se escludiamo le primissime regate sostanzialmente interlocutorie, Luna Rossa non ha mai dominato come tutti si attendevano. A cominciare dagli avversari. Barca veloce, a tratti velocissima, ma anche soggetta a inconvenienti vari, un po’ troppi se consideriamo i lunghi anni di test e allenamenti. Anche con gli americani era stata tutt’altro che una passeggiata e con gli inglesi si è troppo spesso inseguito, non di rado a distanza. In più, queste nuove imbarcazioni, spettacolari quanto si vuole ed estreme come una Formula 1 con i foil al posto delle ruote, si sono dimostrate sostanzialmente inutili per ingaggiare dei duelli spettacolari. Chi parte per primo, se non rompe, vince. Francamente tutt’altro che il massimo per una Louis Vuitton Cup e, ora vedremo, un America’s Cup che si vorrebbe trasformare nel più grande spettacolo sportivo o fra i più grandi spettacoli sportivi al mondo. Non è una giustificazione per Luna Rossa, tantomeno una sorta di ripicca per l’esito infausto della competizione. È un dato di fatto. di Fulvio Giuliani
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L'importanza delle aspettative: lezione da Luna Rossa per gli investimenti finanziari Nonostante Luna Rossa abbia raggiunto la semifinale della Louis Vuitton Cup, ottenendo di fatto un "bronzo" nel mondo della vela, noi tifosi non possiamo nascondere una certa delusione. Perché? Le aspettative contano. Questa dinamica si riflette anche nel mondo degli investimenti. Non basta ottenere un risultato positivo, ma ciò che davvero fa la differenza è il confronto tra il risultato atteso e quello effettivo. Quando le aspettative non vengono soddisfatte, il sentimento negativo può prevalere, anche se il risultato in sé non è negativo. Alla fine, sono le emozioni che possono fare la differenza tra successo e frustrazione. #LunaRossa #LouisVuittonCup #Investimenti #Aspettative #PerformanceFinanziaria #LezioniDallaVela #EmozioniEInvestimenti
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6 mesiMaglie bellissime, speriamo portino bene anche in campo!