Dei serpenti,delle mele e del dolore
Non è solo la Genesi che ha frutti proibiti e serpenti ingannatori.
Una pianta che dà l’immortalità e un serpente infido compaiono anche nell’Epopea di Gilgames. Lui è un semidio mesopotamico, quinto re di Uruk, potentissimo, bellissimo e narcisista.
Col caratteraccio che ha riesce a farsi solo un amico , Enkidu, con cui va in giro a fare quelle avventure roboanti e autocelebranti che solo gli eroi fanno se no si annoiano.
Sono entrambi forti: regale il Gilga, selvaggio l’En (il cui diminutivo servirà poi per paradosso a dare il nome commerciale ad una categoria di ansiolitici).
Sono bisognosi l’uno dell’altro ma appaiono invincibili e tali si credono. Una coppia quasi amorosa, diciamo, ma guai a svelarlo. Ed è proprio la dea dell ’Amore,Ishtar, che rifiutata da Gigalmes, rompe l’idillio dei due eroi e li maledice: Enkidu si ammala e muore.
L’angoscia provocata dalla perdita dell’amico precipita Gigalmes nella consapevolezza della caducità umana e della conseguente sofferenza che colpisce chi resta senza. Per lui è intollerabile, la sua maschera di eroe aureo diventa tragica. Non si può provare un male così, fisico e psichico, e gli parte il delirio di trovare il segreto dell’immortalità.
Scopre che c’è uno che è sopravvissuto al diluvio universale e ,cosa più confacente al suo delirio, che ha pure ricevuto in dono l’immortalità.
Gigalmes ci mette un po’ a trovarlo, del resto il sopravvissuto eterno ha un nome babilonese impronunciabile, Utnapishtim.
Il nostro eroe parte volenteroso e chiede in giro :”Ehi ,tu, dov’è Up..Ut..Pisciot..Il Tim?’ e nessuno capisce di chi sta parlando .Forse avesse spiegato meglio di chi stava parlando ,non so tipo “quello che ha costruito una nave con lo zoo dentro quando gli dei hanno risolto il problema del sovraffollamento terrestre” , avrebbe avuto un aiutino da casa e la ricerca sarebbe stata più centrata.
Ma si sa che gli eroi antichi sono impulsivi e inaccurati, esprimono e recepiscono pochi concetti , preferibilmente basilari.
Avesse poi saputo che Utnapishtim per gli amici sumeri era chiamato Ziu Siddu, sarebbe stato tutto più semplice .
Ad ogni modo, lo trova .
Gigalmes si trova di fronte uno che è logorroico, lui che invece è colpisci e ammazza: Utnapishtim vive da solo sull’Isola ‘Giardino del Sole’ con la moglie a vedere il Sole appunto che sorge e tramonta e non riceve mai visite esterne perché ci sono guardiani scorpioni che non fanno passare nessuno.
Insomma, aldilà del nome da villaggio turistico, quell’isola è una prigione e al Noè babilonese non gli sembra vero quando arriva il Gilga.
Prende l’occasione sociale al volo e lo obbliga a star sveglio una settimana ,notte e giorno, ad ascoltare il suo monologo, in cambio gli dirà dove trovare la pianta dell’immortalità. Ma il Gilga si addormenta, stremato e il patto salta.
Ma la moglie del vecchio presa a compassione trasgredisce(trasgrediscono sempre e solo le donne,si sa) e gli confida che la pianta si chiama ‘Vecchio torna giovane’ e verdeggia in fondo al mare perché è lì che è sprofondato il paradiso.
Trasgressione inutile.
Gigalmes non mangerà mai la pianta, gliela mangerà un serpente e addio per sempre all’immortalità il che significa stare nel mondo e tollerare la sofferenza della perdita.
I serpenti mitologici o biblici rappresentano questo: l’accesso al Dolore che non è l’origine di tutti i mali ma di tutti i cambiamenti perché è prettamente mammiferiana la consapevolezza di essere vulnerabili , di provare dolore e di averne paura.
L’immagine e somiglianza con Dio/Padre e Madre è infatti un fisiologico delirio di onnipotenza controfobico che svanisce con la crescita e le esperienze, perché quell’illusione si trasforma in una sempre maggiore capacità di tollerare il dolore, in tutte quelle forme in cui può apparire .
Quando nasciamo e fa freddo e abbiamo fame.
Quando si piange e la mamma non accorre.
Quando tuo fratello decapita la tua bambola preferita .
Quando qualcuno ci colpisce e non ce l’aspettiamo.
Quando di notte il gatto guizza trai piedi e tu per non calpestarlo ti spezzi la caviglia.
Quando chi apparentemente ci ha sempre amato tantissimo, confessa che ama tantissimo un'altra persona.
Quando ti metti in fila (al casello, al supermercato, alla posta..) e compare da una botola del terreno il Furbo che ti frega il posto convinto che tu non te ne accorga perché sei cretino e lui lo sa.
Quando al decimo “mamma” si attiva l’assone gigante del calamaro e ti detonano solo due pensieri: Scappa o stermina.
Quando vuoi un figlio e il figlio non arriva o muore prima di nascere.
Quando stai bene e tutto è splendido e all’improvviso arriva la malattia, quella brutta, quella che costringe a confrontarsi con la perdita oggettiva e irrimediabile.
Vivremmo tutti in uno stato fusionale deresponsabilizzante e allucinato se non esistessero il dolore, la separazione, la perdita anche solo come potenzialità.
La nostra mente è un Giardino terrestre, finchè non incappiamo nel serpente.
E il serpente sono le relazioni sociali complesse che siano fantasmatizzate dentro o vissute realmente fuori di noi.
Non dovrebbe essere una novità.
Invece cerchiamo costantemente di evitare tutti i serpenti o di ucciderli prima che nascano.
Non tolleriamo più il dolore.
E i nostri figli crescono fragili.