Oggi ricominciano le scuole, sempre sia lodato settembre.
Dopo 14 settimane di interruzione per le vacanze estive, in cui accediamo al livello pro del Tetris di impegni quotidiani e ci inventiamo soluzioni originali e alternative per sopravvivere e non essere accusati di abbandono di minore, ingaggiando nonni, nonne, baby sitter, amici, cugini, parenti, vicini di casa con un’età minima da essere almeno in grado di preparare una pasta a pranzo e fare in modo che non ci siano spargimenti di sangue (o che questi stessi siano limitati e in ogni caso non fatali), finalmente da domani si ritorna sui banchi.
Ho due desideri per questo nuovo anno scolastico. Il primo, che venga compreso e valorizzato di più il ruolo dell’istruzione nelle vite dei nostri figli e delle nostre figlie, e delle persone in generale. Quando sento l’affermazione “la scuola non è un parcheggio” mi arrabbio: il divano con la tv accesa o lo smartphone con Youtube in mano non sono un parcheggio. La scuola arriva dove le famiglie non riescono, educa con strumenti potenti che non tutti i genitori hanno, è fatta di insegnanti formati e formanti, che riescono a trasmettere messaggi e concetti fondamentali in tempi e modi corretti, cosa che non è sempre possibile a casa. Se devo parcheggiare le mie figlie da qualche parte, nelle 9 ore in cui noi siamo al lavoro, è proprio in un luogo del genere che voglio farlo.
E poi, ci spero ogni anno: che venga riconosciuta l’importanza dell’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole italiane. Invece di creare e proporre assurde linee guida sul rispetto della donna (?) o sulla cultura della patria (??), sarebbe importante creare dei programmi scolastici dove si insegni e si sviluppi la cultura e la conoscenza delle emozioni, la consapevolezza e il rispetto delle differenze, il superamento degli stereotipi: è proprio da qui che si può iniziare a pensare a un futuro meno spaventoso del presente in cui stiamo vivendo adesso.
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