Manovra 2025: la Sanità Pubblica a rischio, tra risorse limitate e personale in difficoltà
La Manovra 2025 sembra non essere la tanto attesa svolta per la sanità pubblica in Italia. Con un incremento di soli 1,3 miliardi di euro previsto per il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) nel 2025 e un modesto aumento di 4 miliardi per il 2026, le risorse si rivelano insufficienti per rispondere ai bisogni di personale, cittadini e servizi essenziali. Dopo il 2026, poi, i fondi aggiuntivi si ridurranno drasticamente, lasciando il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in una condizione di stallo finanziario.
Analizzando in dettaglio le previsioni della manovra, l’assegnazione delle risorse per la sanità è fuorviante. «I numeri spesso vengono presentati con una patina ottimistica, ma la realtà è un’altra», spiega Nino Cartabellotta , Presidente della Fondazione GIMBE.
La manovra include molte misure importanti, come il rinnovo dei contratti per il personale sanitario e il potenziamento delle indennità per le professioni più impegnative, ma le risorse stanziate, in gran parte rivolte a coprire questi costi, risultano insufficienti per un vero rilancio della sanità pubblica.
Le sfide per le Regioni: tra tasse e tagli
Per attuare le previsioni della manovra, le Regioni si troveranno di fronte a decisioni difficili. L’aumento del FSN per il 2026, ad esempio, è già destinato a coprire una serie di obiettivi sanitari nazionali prioritari, ma sarà necessario ridurre altri servizi o, peggio, aumentare l’IRPEF per poter far fronte agli impegni. Si parla, inoltre, di risorse per la sanità pubblica che non riescono a coprire l’intero panorama di necessità del SSN, spingendo sempre più spesso gli utenti verso il privato e creando disparità nell’accesso alle cure.
Personale sanitario e cittadinanza: aspettative disattese
Una delle preoccupazioni principali riguarda il personale sanitario, che lamenta da tempo carenze di organico e stipendi inadeguati. La manovra prevede incrementi per il rinnovo dei contratti e per le indennità di specificità, ma queste cifre saranno concretamente percepite solo dal 2026, aggravando ulteriormente il disagio di medici e infermieri che già oggi operano in condizioni difficili. Cartabellotta segnala come gli aumenti per le indennità di specificità per infermieri e altre figure sanitarie non saranno sufficienti a ridurre la disaffezione dei professionisti verso il settore pubblico, incentivando piuttosto l’esodo verso il privato.
Liste d’attesa e prestazioni essenziali in bilico
Nonostante l’incremento del tetto di spesa per le prestazioni acquistate da soggetti privati accreditati, la Fondazione GIMBE avverte che il rischio di ritardi per le prestazioni essenziali è elevato, specie nel campo della diagnostica e della protesica, ormai al palo da anni. «Il ridotto investimento per l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è insufficiente e farà slittare ancora di più il diritto dei cittadini a prestazioni tempestive e di qualità», conclude Cartabellotta.
Le prospettive per il 2026 e oltre: ritorno al passato
Il 2026 si prospetta come un anno di crescita grazie alle risorse derivanti dalla sospensione del credito di imposta delle banche, ma già dal 2027 il FSN ritornerà a livelli che, per la Fondazione GIMBE, ricordano la “manutenzione ordinaria” pre-pandemica. Nonostante le dichiarazioni di principio, la manovra non offre una visione di rilancio del sistema sanitario pubblico, che resta così privo di un piano strutturale di riforme.
La presente analisi tratta dal comunicato stampa del 25/10 fa parte delle attività di #SalviamoSSN, la campagna della Fondazione GIMBE che con attività di ricerca indipendente, advocacy e comunicazione pubblica si batte dal 2013 per rimettere al centro del dibattito pubblico e dell'agenda politica l'importanza della sanità pubblica e per difendere il diritto costituzionale alla tutela della salute.
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former SAT BU Manager presso EuroClone spa
3moMa e i soldi del pnrr?